25 Aprile, 2024
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Tunnel o ponte sullo stretto di Messina? Legambiente: “Resta una cattedrale nel deserto”

Stefano Ciafani, ingegnere ambientale e presidente nazionale di Legambiente, commenta con AGI la proposta del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. E rilancia: “Questo Paese, più che di parole, ha bisogno di grande concretezza”

“Il governo Conte punta sul tunnel mentre i governi Berlusconi puntavano sul ponte ma” per quanto riguarda lo Stretto di Messina “nulla cambia: il problema è sempre uguale. Una volta che arrivi a Messina o a Reggio Calabria ti muovi nello stesso paese che c’era tra gli anni ’60 e ’70. Questo Paese, più che di parole, ha bisogno di grande concretezza. È un Paese che non vuole più essere preso per i fondelli“. Così Stefano Ciafani, ingegnere ambientale e presidente nazionale di Legambiente, commenta con AGI la proposta del Premier di realizzare “un miracolo di ingegneria, una struttura leggera ed eco-sostenibile e nel caso anche sottomarina”.

Per Ciafani che il governo decida di abbandonare il progetto del ponte per sposare quello sul tunnel non modifica il problema di fondo. Entrambi, infatti, sono progetti che “dal punto di vista ingegneristico si possono fare, nonostante i problemi di sismicità di quella zona” ma prima è necessario “far muovere i cittadini che vivono in Calabria e in Sicilia in maniera umana. Perché oggi si muovono in maniera disumana. Prima si fa tutto il resto, poi ragioniamo se c’è bisogno di spendere tutti quei soldi per fare un’opera faraonica che permette di ridurre il tempo di viaggio da 30 a 7 minuti”.

Secondo Legambiente, insomma, cambia la forma ma non la sostanza perché il ponte, o il tunnel, di Messina, resta “una cattedrale nel deserto. Chi conosce le modalità di trasporto di merci e persone in Calabria e in Sicilia, ma anche nelle altre regioni del Sud, sa che c’è un Paese diviso in due. Nel Centro-Sud ci si muove in maniera ancora preistorica: l’Alta Velocità si è fermata a Salerno e si impiegano ancora sette ore per andare in treno da Napoli a Bari. Nel mondo sono state fatte opere ingegneristiche molto importanti ma rappresentano l’atto finale di un processo di modernizzazione dei sistemi di trasporto” che in In Italia ancora non c’è.

“La Salerno-Reggio Calabria è stata inaugurata tre anni fa. I treni in Sicilia e in Sardegna non esistono, ti devi muovere in automobile” ricorda Ciafani, per poi aggiungere  “troviamo abbastanza irritante questa tendenza a lanciare una suggestione innovativa e importante per ‘provare’ ad entrare nell’immaginario collettivo degli abitanti di questo Paese”. Prima di pensare a quest’opera, e far cambiare passo all’Italia sul tema delle infrastrutture, bisognerebbe per Ciafani usare bene gli aiuti che arriveranno grazie al Recovery Fund che “ci danno l’opportunità irripetibile di fare nei prossimi pochi anni quello che non abbiamo fatto negli ultimi 20-30 anni“.

Usare “meglio” i soldi del Recovery Fund

Ma il presidente di Legambiente non nasconde la sua preoccupazione su come potrebbero essere usati. “L’aria che tira è quella che abbiamo già vissuto in passato. L’Italia è un paese che utilizza un terzo delle risorse europee stanziate negli ultimi decenni. Rispediamo al mittente molte risorse perché non siamo in grado di fare progettazione e di spendere i soldi che l’Europa ci fornisce. Un problema cronico. Bisogna mettere in campo, fin da settembre, un piano di formazione professionale di tutti i dipendenti pubblici perché altrimenti non riusciremo a spendere totalmente questi 209 miliardi di euro”. Ma questo non basta.

Il secondo elemento suggerito dal presidente di Legambiente è la semplificazione dell’apparato burocratico: “È fondamentale. Il nostro è un Paese che muore di burocrazia. Però bisogna fare le semplificazioni che chiedono le imprese serie e non quelle che vogliono le imprese furbe che non vogliono essere controllate”.

Il terzo e ultimo step riguarda invece le opere che davvero servono a tutta la Penisola. “Siamo molto preoccupati che questo governo faccia quello che ha già fatto con il decreto rilancio dove ha messo insieme cose sacrosante, come la modifica del codice della strada, e cose abominevoli, come la proroga dell’entrata in vigore della plastic tax oppure la rottamazione delle auto attraverso il finanziamento per l’acquisto delle automobili Euro 6 con livelli specifici di emissioni di CO2”. Secondo Ciafani questa misura “ci porterà ad avere un conflitto con l’Europa perché finanziamo l’acquisto con l’ecobonus di automobili che fra un po’ supereranno quelli che saranno i limiti massimi previsti dalle direttive europee”.

Insomma, il decreto rilancio è stato “un decreto sommatoria in cui sono state messe insieme le istanze e le richieste delle varie lobby e dei gruppi d’interesse. E ora, quello che stiamo vedendo con il lavoro che sta arrivando dai singoli ministeri a palazzo Chigi sul piano per il rilancio italiano, è la sommatoria di interessi di singole aziende”. Il governo invece “dovrebbe dire: il paese deve andare qui al 2030 o al 2040 e noi ce lo portiamo con queste modalità”.

Il presidente di Legambiente ricorda l’audizione di Legambiente a Villa Phampili durante gli Stati Generali: “Quando siamo stati auditi da Conte ci siamo permessi di portare il nostro piano per il rilancio del Paese basato su tre rapporti. Il primo conteneva 33 specifiche semplificazioni da inserire dentro il decreto semplificazioni; il secondo era un dossier con 170 opere prioritarie in tutta Italia, alcune impattanti sul territorio, per migliorare il movimento sostenibile delle persone e delle merci”. Senza il tunnel o il ponte. “Sì, esatto”. “E poi nel terzo c’erano le opere infrastrutturali che servono per la mobilità nelle grandi aree urbane, per evitare di far muovere quei tre milioni di pendolari come se stessimo in un Paese del terzo mondo”. Priorità che Ciafani rivendica anche oggi.

Lo smaltimento di mascherine e guanti di plastica

Ultimo tema trattato è quello del prolungamento delle misure per combattere il Covid, ovvero l’uso delle mascherine e il distanziamento sociale. Un tema molto caro all’associazione ambientalista perché legato allo smaltimento dei rifiuti di plastica, sempre più pericolosi per l’ecosistema: “Facendo dei monitoraggi abbiamo trovato mascherine e guanti di plastica in una spiaggia su tre. A settembre presenteremo i dati dei rifiuti che riguardano i parchi cittadini e vedremo, temo, numeri diversi. Per fortuna le piogge non hanno ancora trasferito questi dispositivi verso il mare attraverso i fiumi. Quello che ci tengo a sottolineare e che, da una parte, i cittadini devono abbandonare le mascherine usa e getta per acquistare quelle riutilizzabili e, dall’altra, i Comuni devono far rispettare le leggi e fare le multe a chi getta a terra i rifiuti”.

(Agi)

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