18 Aprile, 2024
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I grandi gruppi all’assalto degli alberghi di Roma. “Senza l’aiuto dello Stato per molti è la fine”

Per gli alberghi romani la terza fase dopo la fine del lockdown vuol dire anche fare i conti con i gruppi internazionali di hôtellerie pronti come un falchetto per la zampata.

” Asso pigliatutto”. Racconta un imprenditore che gestisce una struttura in centro e che preferisce non comparire: ” Ti chiamano, chiedono come stanno andando le cose e poi ti fanno la proposta: se non ce la fai a ripartire compriamo noi”.

Il Covid dunque, non si è portato via solo il rumore dei trolley sui sampietrini, il lavoro delle collaboratrici che rimettevano a posto i letti con le lenzuola pulite, i consigli dei concierge, il lavoro dei facchini. In una città dove il turismo internazionale si rivedrà forse a metà del prossimo anno, se non addirittura nel ’23 come dicono alcune previsioni, sono gli ” avvoltoi” adesso a impensierire.

Catene internazionali che hanno liquidità e voglia di investire comprando a prezzi stracciati i pezzi più pregiati.

Alberghi che non ce la fanno a rimettersi in pista, visto che americani, giapponesi, cinesi ed europei hanno smesso di viaggiare.

Ventinove milioni le presenze a Roma nel 2019, secondo i dati Istat che nel report di fine anno raccontava come gli stranieri fossero il 69 per cento. Sembra una vita fa. “La situazione è ora drammatica – racconta Giuseppe Roscioli, a capo della Federalberghi – Solo il 25% delle strutture alberghiere al momento ha riaperto visto che i costi sono troppo alti e senza clientela non si possono sostenere le spese di gestione e del personale”.

Nella città eterna si contano 1.200 hotel, 9.400 le stanze, 250 mila le persone che lavorano nel settore. ” Tra luglio e agosto altri alberghi riapriranno.

Ma serve assolutamente che il Governo aiuti noi imprenditori – continua il presidente di Federalberghi – altrimenti nel giro di un anno il 40 per cento delle aziende non esisterà più. La clientela a cui ci rivolgiamo ora è essenzialmente fatta di italiani, ma i numeri sono minimi.

Un 30 per cento delle strutture sta cercando di intercettare i romani, con terrazze e piscine per serate e apertivi. Ma il fatturato è poca roba: i guadagni non riescono ad ammortizzare i costi totali ” . Di questo passo, lo spauracchio di dover cedere a mani straniere diventa sempre più reale. Ma gli acquisti a prezzo di saldo perché si è con l’acqua alla gola non riguardano solo le strutture ricettive.

A Borgo Pio, ad esempio, zona ad alta vocazione turistica e di pellegrini, ora completamente vuota, ( pochissimi i residenti) molti negozianti confessano di aver già ricevuto proposte di denaro per cedere l’attività. “Se non ce la fai più a tirare avanti, compriamo noi bottega”.

(La Repubblica)

 

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