29 Marzo, 2024
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Road to Venezia 76 – uscita 16 – IL BENE MIO Pippo Mezzapesa ​

 

di Marco Feole

“Voi non potete capire com’era bella Provvidenza. Lì dietro c’era il bar Jolly, il nostro bar. È lì che l’ho incontrata la prima volta. Maria diceva che a Provvidenza non sarebbe mai successo niente. C’aveva torto!”

Il bene mio di Pippo Mezzapesa, film in programma nella 75ima edizione del Festival del Cinema di Venezia.

Elia è l’ultimo abitante di Provvidenza, un paese della campagna pugliese, reso ormai deserto dopo un devastante terremoto. Tutti i suoi abitanti ormai sono al paese nuovo, tranne uno. Il ricordo della moglie Maria, scomparsa proprio in seguito a quel terremoto, e l’orgoglio nel gridare con forza “Questa è casa mia!”. Elia è solo, e i suoi unici contatti con l’esterno, unici contatti umani, sono con Gesualdo, che gestisce un’agenzia di viaggi, e Rita una ex collega di Maria. Suo cognato, sindaco di Provvidenza Nuova, cerca in tutti i modi di far allontanare Elia al punto di richiedere l’intervento della forza pubblica. Da quel momento in poi però accadrà qualcosa di strano, qualcosa che tormenterà il protagonista, che inizia ad avvertire una presenza, che lui legherà proprio alla sua compianta moglie.

Pippo Mezzapesa riprende con questo film un filone del Cinema italiano negli ultimi anni in cui il ruolo del Paese, la necessità di restare e non scappare, il senso del ricordo, è fondamentale. Dopo ad esempio “Ci vediamo domani” di Zaccariello nel 2013 o “Un paese quasi perfetto” di Gaudioso del 2016 solo per citarne due, Mezzapesa mette in scena qui uno straordinario Sergio Rubini come custode della memoria, perché bisogna ricordare e si deve ricostruire ciò che è crollato, invece di inventarsi un paese nuovo e senza storia. Lo fa Cinematograficamente in maniera superiore rispetto i citati in precedenza, proprio nel senso pratico delle inquadrature, e nella potenza del Cinema di città, o di paese in questo caso. Nella fine degli anni 2000 questo regista firmò a parer mio, due stupendi documentari. In uno di questi con protagonista Pinuccio Lovero (presente anche ne Il bene mio) c’era un becchino in un paese in cui non moriva nessuno. Qui torna dopo un lungo periodo a dirigere un lungometraggio, e lo fa raccontando una realtà apparente con tratti fiabeschi e con misteri da scoprire.

Sergio Rubini è solo, un po’ alla Will Smith o Max Rockatansky di Mad Max, e passa il suo tempo a riparare, impegnandosi in solitudine nella raccolta e conservazione di un luogo, come un museo della memoria, pieno di oggetti ormai abbandonati, che rappresentano il ricordo degli abitanti, la memoria delle loro vite, delle loro storie. Delle storie di tutti. Una metafora quella di Mezzapesa che prova a toccare la poesia, legando tutto e forse anche troppo alla bravura di Rubini. Si perché forse si rischia di non affezionarsi mai ad Elia, pur essendo quasi il solo a video, e purtroppo a non avere troppo visibili le sfaccettature dei personaggi secondari che entrano al centro della vicenda con poca convinzione. Un peccato, perché i ruoli di Gesualdo e di Rita, affidati a Dino Abbrescia e Teresa Saponangelo, servivano proprio ad arrivare a quel colpo di scena finale collettivo che purtroppo non c’è, che avrei voluto, e che forse ci sarebbe stato ampliando il campo visivo di una cinepresa troppo innamorata in questo caso del suo Elia. Ed è un peccato anche perché se c’è un lavoro stupendo dell’ambiente che racconta di questa storia, c’è un lavoro meno efficace sui personaggi, quelli forse un po’ trascurati a discapito di un solo vero protagonista.

Nell’Italia dei terremoti, Il bene mio è sicuramente un messaggio prezioso, perché come detto anche prima, pone l’accento sul valore del recupero e non sulla rifondazione da zero, e dimostra come spesso l’identità delle persone è legata ad un posto fisico, quello in cui si è nati e cresciuti. Film presentato alla “Giornata degli autori” nell’ultimo festival di Venezia, lì dove Mezzapesa fece scintille proprio dieci anni fa con Pinuccio Lovero, e il suo becchino meraviglioso. Qui, forse a Il bene mio ho voluto meno bene, rispetto a quanto avrei pensato, ma ciò non toglie a Pippo Mezzapesa il ruolo di ottimo regista.

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