29 Marzo, 2024
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Cinema da camera 14. CARNAGE del 2011 Roman Polanski

di Marco Feole

Lo abbiamo citato più volte. Usato come ispirazione da alcuni. E’ arrivato il momento di parlarne. E’ la volta di Carnage di Roman Polanski.

Quel Polanski che per forza di cose nelle scorse settimane, e nel corso di questa rubrica è uscito più volte, perché se ci si vuole cimentare in un genere cosi prima o poi il confronto o anche la semplice ispirazione col regista polacco è inevitabile. Ma anche lo stesso Carnageparte alla lontana da un’ispirazione hitchcockiana. E qui torniamo alle origini della nostra rubrica con “Nodo alla gola”, senza dimenticare per alcuni dettagli “L’angelo sterminatore” di Bunuel. Poi però il buon Polanski prende la sua strada, col suo stile, e lo fa sempre straordinariamente bene.

Siamo a New York e in un appartamento di Brooklyn due coppie provano a risolvere un incidente accaduto ai propri figli. Zachary e Ethan, adolescenti, si sono confrontati al parco con toni poco vicini alla civiltà, portando per uno dei due alla rottura di due incisivi. La parte lesa rappresentata dai coniugi Longstreet riceve con le migliori intenzioni la famiglia antagonista, i Cowan. Gentilezza e cordialità iniziale, velata da ipocrisia, lascerà però spazio in seguito ad un accaduto, ad una resa dei conti che coinvolgerà i quattro protagonisti annientando totalmente educazione e pacatezza, tra un crescendo di accuse e squalifiche. Dando vita letteralmente ad una carneficina verbale.

Roman Polanski non è nuovo ad isolare i suoi protagonisti nelle sue storie, e in questo caso si circonda di ben 3 premi Oscar e di un candidato storico senza premio. Il livello di recitazione complessivo insieme ad un impeccabile scrittura è uno dei punti massimi dell’intero racconto, con un Christoph Waltz come sempre unico quando c’è da interpretare il fastidio fatto persona, come in questo caso.

Film basato sull’opera teatrale “Il Dio del massacro” della drammaturga e scrittrice francese Yasmina Reza. Il salotto borghese fa solo parte di uno strumento, quello narrativo, che porta del tutto a disinteressarsi della stessa critica borghese.

Esce fuori un’opera centrata su conflitti diversi, con il solito occhio sarcastico di Polanski, che scava nel profondo l’essere umano, lasciando il politicamente corretto fuori la porta, o fuori l’appartamento come in questo caso.

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