20 Aprile, 2024
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Cinema da Camera – 13. UNA PURA FORMALITA’ del 1994 Giuseppe Tornatore

di Marco Feole

Dopo i fratelli Taviani, non potevo non parlare di uno dei miei registi italiani preferiti. Non credo ci sia nemmeno bisogno di introdurlo. Giuseppe Tornatore.

Un racconto cupo, sulla vita e sulla morte in maniera complessa, è Una pura formalità.

Un uomo, durante un intenso temporale, viene condotto davanti un commissariato dove sulla parete c’è un orologio senza lancette, come fosse un luogo senza tempo. Sospettato di omicidio, l’uomo pieno di indizi contro di lui, nega tutto. Da lì a poco si consumerà un vero e proprio processo e una presa di coscienza lunga e tormentata.

Tornatore si affida ad un eccellente Polanski qui in veste di attore pieno di caratteristiche e sfumature, e un bravo e più misurato forse Depardieu, che riesce però con la solita maestria a calarsi in qualsiasi ruolo e un insolito Sergio Rubini molto simile a ruoli da lui interpretati agli inizi come regista. Tornatore lascia da parte un po’ lo stile che lo aveva caratterizzato fino a quel punto e racconta qui una storia che parte piano e diventa complessa.

Tra giudizio divino e fantasmi del passato. Una metafora. Un giallo che si trasforma in un dramma filosofico, capace di ribaltare le certezze che dall’inizio lo spettatore nella sua testa si era creato. Un passo coraggioso quello di Tornatore, il quale non doveva già dimostrare niente a nessuno per misurare la sua qualità di regista.

La canzone “Ricordare” presente nel film, è composta magistralmente come sempre da Ennio Morricone, e in questo caso dal figlio Andrea. Il testo dello stesso Tornatore è cantato in italiano da Depardieu.

Molto Kafkiano al quale attinge la bravura nel ricreare atmosfere surreali e grottesche, oltre che cupe, il film di Tornatore nonostante sia diverso da tutti i suoi lavori è considerato da qualcuno il suo migliore. Io personalmente non sono d’accordo su questo, ma sono pienamente deciso ad affermare quanto sia un film che non possa mancare nella filmografia da spettatore di ognuno di noi. Per quanto sia bravo “Peppuzzo” qui, a rendere quello che sembra sogno o incubo estrema realtà.

E questa, non era affatto una “pura formalità”.

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