24 Aprile, 2024
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LADISPOLI DA ROSSELLINI A DE SICA, UN TERRITORIO PROTAGONISTA DEL GRANDE SCHERMO IERI, OGGI E DOMANI

 

di Marco Feole

“Era un’immensa arena bruciata dal sole e battuta dai venti. Una non piazza in realta’, ma un semplice spazio per permettere al cielo di giocare con la terra”.

Roberto Rossellini, maestro del neorealismo del Cinema Italiano, descriveva cosi, la “piazza” principale di Ladispoli, quella piazza che dal 2006 porta proprio il suo nome, anno in cui si celebrò il centesimo anno di nascita del regista. Una città in cui Rossellini non solo girò i suoi primi cortometraggi, ma i successivi film che lo resero famoso, e in cui visse per diversi anni, sin dalle estati dell’infanzia, ma anche più tardi, un territorio che lui amava profondamente, e che inevitabilmente mantiene ancora oggi un legame profondo con il Cinema.

Quella stessa città che fu la prima, come si racconta, a mostrare una pietra miliare della cinematografia, quel “Roma città aperta” manifesto del neorealismo, proiettato per “pochi amici” da Rossellini che non era ancora convinto di farlo uscire nelle sale, e così chiamò il suo amico Moretti, proprietario dell’unico Cinema di Ladispoli, e proiettò il film a un piccolo ristretto gruppo di amici, tra cui la Magnani, Amidei e Aldo Fabrizi, un ricordo romantico che ci teniamo stretti, considerata la risonanza mondiale che poi ebbe il film.

Spesso infatti sentiamo parlare di “Ladispoli città del Cinema”, ed è vero, Ladispoli come Cerveteri e Bracciano o paesi limitrofi, territori meravigliosi, “nostri”, capaci anche da soli a volte di valorizzare il film stesso, o di diventare protagonisti principali del racconto.

Non solo Rossellini, ma anche Dino Risi scelse proprio la via Aurelia, in particolare il tratto tra San Nicola e Osteria Nuova per ambientare alcune delle scene più significative di quell’immenso capolavoro della commedia all’italiana, che fu “Il sorpasso” con Vittorio Gassman e Jean Louis Trintignant, ormai più di 50 anni fa.

Un film che ancora oggi, come pochi fanno, racconta “lo specchio di quell’Italia in cui tutto sembrava facile ma nella quale tintinnavano i primi campanelli d’allarme

della crisi”. Film che non venne accolto subito come un grande successo, ma colpevolmente solo negli anni 80 se ne capì il valore indiscusso che lo rende oggi ancora un capolavoro assoluto, nonché il primo roadmovie del Cinema Italiano.

Nel 1952 Mario Soldati scelse Palo Laziale invece, e il castello Odescalchi per rappresentare la stupenda Maracaibo de “I tre corsari”, che per mesi fu trasformata

in un gigante set in cui pirati e corsari si rincorrevano e duellavano tirando di spada, e lasciando a bocca aperta le persone che in quell’Italia ancora senza televisione potevano godere di uno spettacolo surreale, che li faceva sognare ad occhi aperti.

Come non citare Vittorio De Sica e “Umberto D.”, che scelse la città balneare come teatro del suo semplice e umano racconto di un pensionato sull’orlo di una crisi esistenziale, o Mario Monicelli che anche nel Castellaccio di Monteroni, raro esempio di casale di origine medievale, oggi purtroppo ancora colpevolmente in stato

di abbandono, girò uno dei film più belli dell’intera cinematografia mondiale, “La grande guerra”, con Gassman e un Alberto Sordi inarrivabile, che rappresentava

perfettamente quanto l’Italiano sa essere vigliacco ma eroe in difesa della sua patria.

Citando “monumenti” storici prima, impossibile non dire quanto anche Torre Flavia fu una suggestiva mèta di set cinematografici e non solo, un rudere ormai purtroppo, ma pur sempre prestigioso e protagonista sullo sfondo tra gli altri di “L’uomo di paglia” diretto e interpretato da Pietro Germi, oppure in commedie più leggere e ancora oggi cult come “Attila flagello di Dio” dell’82 di Castellano e Pipolo. Un “monumento” storico di epoca medievale, costruita con materiali romani, ristrutturata nel

XVI secolo dal cardinale Flavio Orsini, che se la intitolò a suo nome, e che oggi purtroppo visti gli anni, l’erosione a causa del mare e forse non una manutenzione appropriata vive in condizioni di decadimento.

Una Ladispoli anche soltanto citata nel Cinema e dal Cinema, come le commedie di Carlo Verdone, recentemente nominato cittadino onorario, ma appunto anche Cerveteri

o Bracciano che forse pochi ricordano dettava l’inizio di “Non ci resta che piangere” del duo Benigni-Troisi, che

mostrava l’entrata del “vecchio” ospedale Padre Pio, sono state protagoniste nel tempo e nella storia come veri e propri set naturali.

Ma anche come nella caldara di Manziana nel parco naturale di Bracciano, esempio più recente e meglio citato in un precedente articolo, meraviglioso e suggestivo

set di “Parasitic Twin” di Claudio Zamarion, autentito esempio di valorizzazione del territorio, del recente passato.

Terre ricche di storia, e scorci unici, paesaggi naturali che speriamo possano tornare come un tempo, come negli anni 50′-60′ dove il “nostro” Cinema era davvero grande,

a splendere sul grande schermo e non solo. Capire noi stessi che lo abitiamo il valore di quello che abbiamo intorno, rispettarlo, valorizzarlo e proteggerlo, mettendo

in primo piano la salvaguardia ambientale, fondamentale per il nostro rinomato centro turistico.

Il fascino unico di una terra protetta dal cielo e nutrita dal mare, che abbiamo la fortuna di vivere, come in un sogno, visto al Cinema.

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