20 Aprile, 2024
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Il PD ha perso baricentro unitario: ora costruire una nuova rete di partecipazione, confronto e decisione

Il M5S è “cresciuto” in maniera evidente, anche nel nostro territorio, e si consolida come terzo polo in grado di vincere nella fase del ballottaggio: non raccoglie solo il voto di protesta contro il PD di Renzi e contro il “potere” in genere, ma intercetta anche una speranza di novità e di buona politica. Vedremo.

Il centro destra è in difficoltà quando non allo sbando; al ballottaggio intercetta in parte voti grillini quando si contrappone al PD, e subisce cocenti sconfitte perché in genere si presenta logoro e senza una proposta politica chiara, con punte decisamente preoccupanti, come ad Anguillara, dove subisce una clamorosa disfatta da parte del M5S.

Il “campo vasto progressista” non si è visto, presente solo – e vincente – a Oriolo e Canale seppure nelle vesti di liste civiche. Nelle città più grandi la sinistra non si è presentata, e il PD è stato ridotto ai minimi termini. A Bracciano ha pesato molto la “eredità” del precedente Sindaco, i suoi errori politici, il suo senso di protagonismo che lo ha condotto ad un isolamento profondo, non essendo stato il candidato Gentili in grado di raccogliere voti in un “campo vasto”, come era capace di fare Sala, né di presentarsi come reale discontinuità rispetto ad un PD al governo da tantissimi anni.

Ad Anguillara ha pagato la faida interna, la spaccatura fra “culture politiche” diverse (ex PCI/DS ed ex democristiani/popolari), la persistenza di un collateralismo con aree di centro destra secondo la comune convinzione che lo sviluppo di Anguillara si gioca sull’edilizia, l’assecondamento della dissoluzione – fortemente voluta da Renzi – del centro sinistra, e la mancanza di un confronto politico sulle criticità e priorità di Anguillara da un partito inesistente sul piano delle riflessioni e proposte politiche; ha pesato anche la figura del candidato Flenghi che non è parso ancora dotato di una forte personalità né della capacità di affrancarsi dal gioco delle correnti interne del PD; e ha pesato, in misura poco rilevante, l’eredità della precedente amministrazione che pure è stata in grado di rimettere in ordine i conti fortemente dissestati. Chi getta la “colpa” su Pizzorno commette un grave errore di prospettiva: fatte le dovute proporzioni, sarebbe come negare che a Torino Fassino ha perso, nonostante il suo buon governo, in quanto rappresentava la continuità.

La sconfitta di Roma e dintorni, così pesante, merita un confronto serio, sincero e approfondito.

Ora, com’é naturale, prevalgono i giudizi estemporanei, confusi o interessati.

Il nostro giudizio sugli anni che ci stanno alle spalle l’abbiamo dato nelle occasioni e appuntamenti vari con il titolo “Il ruolo e la mancanza della sinistra”. Abbiamo poco da aggiungere. E quel poco lo riserviamo ad un momento collettivo di riflessione da svolgere nelle prossime settimane e mesi.

Solo una cosa vogliamo dire subito. I protagonisti di questa difficile battaglia persa, non debbono agire tra di loro in modo ancora una volta furbesco.

Le ragioni della sconfitta non vanno ricercate negli errori degli ultimi mesi. Certo, si discuta anche di questi, se ci sono stati. Ma non si eviti, di nuovo, di aggredire il male che ci corrode almeno dal 2008. E’ da allora che a Roma e nella Provincia il gruppo dirigente ha perso un baricentro unitario ed è cresciuto l’ignobile “traffico” delle correnti.

Marino il marziano vinse primarie ed elezioni contro quel “traffico” e per dare una svolta. Non è riuscito a realizzarla e le cose si sono ulteriormente complicate. Dopo, si è tentato di rimediare con la candidatura generosa di Giachetti, sostenuta da Renzi e subito dopo da Zingaretti. E, sul campo, gestita con onestà da Orfini. Anche in questo caso, non si è invertita la china negativa. Ma adesso basta; cosa deve succedere ancora per sbaraccare l’epicentro della nostra crisi? Vale a dire l’impalcatura di un partito che vive di preferenze organizzate in grado di eleggere anche un passante preso per strada e di intercapedini di piccolo potere che tolgono agli iscritti e alle persone ogni voglia di partecipare e farsi valere.

Se si ricomincia a tergiversare, accusare il “colpevole” di turno per riorganizzare cordate su “nuovi” equilibri, (per tenere in piedi quelli vecchi), ma ci auguriamo, invece, che qualche centinaio di giovani della Sinistra costruiscano da soli, in autonomia, luoghi politici democratici per cominciare a costruire nella Città metropolitana una rete libera di partecipazione, confronto e decisione; un partito delle persone come primo riferimento di tanta gente dispersa e ripiegata e che non si riconosce nel governo dei 5 Stelle.

Ci auguriamo che queste brevi note possano suscitare una ampia riflessione – profonda e a tutto campo – per approfondire l’analisi del voto e valutare le prospettive politiche aperte: il “campo progressista”, in particolare, ne ha vitale necessità.

CdA dell’Ass. Cult.

L’agone nuovo

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